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Il cristo nero, bruciato dai turchi nel 1553 oggi venerato a Licata all'interno della chiesa Madre Il Crocefisso Nero di Licata è un’opera realizzata da due artisti messinesi nel 1469, in origine era bianco. Si racconta che l’11 luglio 1553 Licata fu assediata dalla flotta franco-turca che, espugnato il castello a mare San Giacomo, riuscì ad invadere la città, iniziando a saccheggiarla e a depredarla, mietendo violenza e morti, bruciando gli archivi pubblici, profanando le chiese e mettendo in fuga molte persone. Riusciti ad entrare in città, gli assalitori si diressero verso il Duomo dove, dopo aver fatto razzia d’ogni oggetto sacro, presero di mira un Crocefisso che, secondo l’usanza liturgica di quel tempo, pendeva dall’arco trionfale della chiesa. Prepararono un’alta catasta di legno, appiccarono il fuoco, mentre altri iniziarono da diverse parti a saettare la Sacra Immagine, di cui tre frecce rimasero infisse nel corpo. Qui avvenne il miracolo che nei secoli è stato tramandato attraverso una immemorabile tradizione. Il Crocefisso restò illeso dalle fiamme, si annerì solamente e i Licatesi, ritornati in città qualche giorno dopo il saccheggio dei franco-turchi, rimasero stupiti dal fatto che l’Immagine non bruciò. Ancora oggi le frecce scagliate dai turchi sono al loro posto.
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